In tempo di elezioni, si pone agli italiani l’annosa questione del “decidere per chi votare”. Tanti possono essere i fattori, non sempre consapevoli, che influenzano il nostro voto: riflessioni razionali, aspetti emotivi, convinzioni ideologiche oppure tradizioni famigliari. Ecco perché, tenendo conto dell’infinito intreccio di variabili che influenzano le nostre “crocette”, ho pensato di stendere un breve profilo psicologico delle principali categorie di elettori. Ovviamente ogni classificazione è per definizione una semplificazione, eppure sono sicuro che ciascuno di voi potrà facilmente avvicinarsi ad una delle seguenti tipologie:
- I Moralisti: sono coloro che votano innanzi tutto le “brave persone”. Per tali elettori gli aspetti che contano maggiormente sono le qualità morali intrinseche del politico di turno: coerenza tra vita privata e dimensione pubblica, trasparenza, onestà, correttezza e lealtà. Sono molto critici ed esigenti su questo fronte e considerano i valori pre-politici prioritari rispetto a quelli politici. E’ sulla base di questi elementi che decidono se fidarsi o meno di qualcuno e, di conseguenza, se omaggiarlo del loro voto. Tali soggetti considerano solitamente l’ars politica come inscindibile dall’umanità di chi la esercita, a prescindere dal partito di appartenenza. Mancano sovente di pragmatismo, poiché lo considerano opportunistico e abietto.
- I Machiavellici: sono l’opposto dei Moralisti, i fautori del “voto utile”, coloro cioè che votano innanzi tutto le persone capaci, competenti, brillanti, vincenti. Freddi e razionali, si tratta di persone in grado di mettere da parte tutto il resto (aspetti affettivi e appartenenze famigliari, valori morali e persino simpatie) e di scegliere quella parte politica che, secondo loro, è più meritevole. Ma il merito per loro è solo questione di capacità, non di umanità, di pragmatismo, non di trasparenza. A loro non interessa la vita privata del politico di turno, né di misurarne la coerenza con i principi espressi. Per i Machiavellici è meglio un capo capace che uno buono. Sono dotati di un indubbio senso di realtà che a volte sconfina però nel cinismo. “Se la scelta funziona allora è quella giusta”, potrebbe essere il loro slogan, in nome del quale sarebbero disposti a votare un leader discutibile se considerato efficace.
- Gli Idealisti: coloro, cioè, che votano sempre secondo ideologia. Un’ideologia radicata nell’animo e nel cuore, talvolta nella storia della loro famiglia e della famiglia della loro famiglia. Sono quelli che, comunque vada, voteranno sempre a sinistra oppure tassativamente a destra. Questa è per loro una certezza indissolubile e inscalfibile. Sono gli elettori meno esposti al potere mass-mediatico della propaganda perché non cambieranno mai idea. Sono fedeli, romantici, radicali sino al fanatismo. A loro non interessa salire sul carro del vincitore poiché sono custodi di un’ideologia che, per nessuna ragione al mondo, sarebbero disposti ad abbandonare. Il compromesso non è quindi contemplato perché non sarebbe nient’altro che un tradimento di sé e della loro storia.
- Gli Ingenui: quelli che, ne siano consapevoli o meno, votano quello che dicono gli altri, di solito qualcuno che ha su di loro un particolare ascendente. Un personaggio pubblico oppure un famigliare del quale seguono precisamente le indicazioni e che non vogliono per nessun motivo scontentare. Gli Ingenui sono persone accondiscendenti e mansuete, non hanno un vero e proprio pensiero personale ed esprimono un voto che di fatto non rappresenta il loro volere. In questa categoria ci sono anche coloro che cercano in tutti i modi di definirsi in opposizione a qualcosa: spesso giovani adulti che sentono un’esigenza di rottura dalla famiglia. “Se i miei sono di destra, io metto la maglietta di Che Guevara e voto comunista!” Ma lo fanno per protesta, non per convinzione. Nell’attesa di un’autonomia psicologica (prima ancora che elettorale) che si dovranno piano piano costruire.
- Gli Astenuti: si dividono in quattro categorie. I Disinteressati: quelli che, da sempre, non si interessano di politica perché la considerano lontana dalla loro quotidianità. Non ne capiscono molto e non sentono il bisogno di dedicarsi alla cosa pubblica oppure non sono consapevoli del fatto che, nel loro piccolo, anche loro possono incidere davvero. I Feriti: quelli a cui le cose vanno male e hanno deciso che la colpa è della politica. Spesso sono persone che ci hanno creduto troppo e, come succede in amore, anche in politica quando si rimane delusi talvolta si preferisce ritirarsi. Sono persone di grande sensibilità, eppure la loro anima pulita necessita di ritrovare la forza per esprimere nuovamente se stessa nonché la speranza di poter ancora cambiare le cose. I Militanti: gli anarchici, gli attivisti e coloro che, a vario titolo, fanno parte dell’associazionismo spontaneo, che credono in un’astensione che non sia rinuncia bensì lotta alternativa, extra-parlamentare. Sono come gli Idealisti ma, diversamente da loro, scelgono di non votare. Sono persone combattive, tenaci, così intransigenti che pur di accettare un compromesso…preferiscono perdere eternamente. I Nichilisti: quelli che ormai non hanno più neppure un’idea di società. Non si danno alla militanza perché, così facendo, avrebbero ancora la disperata speranza di cambiare le cose. I Nichilisti non riescono più a dare alla loro rabbia una direzione costruttiva: distruggono, distruggono e poi distruggono ancora.
- Gli Opportunisti: quelli senza ideali e ideologie. Potremmo definirli un sottotipo dei Machiavellici che ha come mero obiettivo il proprio tornaconto personale. Sono coloro che prima di votare cercano di capire che cosa viene loro in tasca. Per 100 euro in più nella busta paga sarebbero capaci di cambiare bandiera. Secondo loro la politica deve avere un aspetto concreto ed essere al servizio dei cittadini: questa visione viene però interpretata in modo trasformistico e squisitamente egoistico. Gli Opportunisti mancano infatti di un senso di comunità: il politico che merita il mio voto è colui che mi avvantaggia (a prescindere da tutto il resto).
- I Disimpegnati: mentre tutti si affannano e si coinvolgono nella frenetica giornata del voto, il Disimpegnato non ha nulla da dire e nulla da chiedere. Non ha una rabbia costruttiva né distruttiva. Nulla sembra toccarlo fino in fondo, emozionarlo o farlo arrabbiare. Il Disimpegnato potrebbe tranquillamente non votare ma, se il giorno delle elezioni non avrà nulla di meglio da fare, un nome a caso sulla scheda elettorale lo scriverà anche lui. Poi chiamerà il suo amico (anche lui Disimpegnato) e gli dirà: “We fra’, sai che cosa ho scritto sulla scheda elettorale?” E giù fragorose risate. Il Disimpegnato non ci aiuta certo a creare un mondo migliore ma, almeno, è capace di strapparci un sorriso.
- Gli Sfiduciati: quelli che votano il meno peggio, che si “turano il naso”, quelli che dicono che tanto non cambierà nulla, quelli che sostengono che, in fondo, i partiti siano tutti uguali. Gli Sfiduciati hanno un’indole rinunciataria e proiettiva: preferiscono lamentarsi che impegnarsi attivamente. A votare alla fine ci vanno perché mai verrebbero meno al loro senso del dovere: “Io il mio ce lo metto perché votare è un diritto e un dovere ma tanto le cose non cambieranno mai”.
- I Professionisti: sono quelli che pensano che dovrebbe avere diritto di voto solo chi si informa per davvero. Solo coloro, elitari ed elitisti, che ritengono indispensabile documentarsi a fondo e guardano con disprezzo chi vota per simpatia o altre ragioni venali. I Professionisti conoscono a menadito tutte le formazioni politiche (anche quelle minori) e di conseguenza ritengono che dal loro studio scientifico del panorama politico non possa che emergere un’unica scelta giusta e imprescindibile. Sono quelli che vogliono controllare le emozioni, che non intendono apparire superficiali, che dileggiano le ideologie. Studierò e sceglierò il migliore. Non sono come i Machiavellici perché cercano di integrare competenza e moralità. Sono animati da un’indomabile ricerca del vero, dalla volontà di fare la cosa giusta, di non farsi influenzare da nessuno. Talvolta la loro mania di grandezza e il loro perfezionismo li portano addirittura alla convinzione che ci sia davvero un voto giusto (giusto per chi e secondo quale prospettiva?) e a credere, con ostinata fiducia, in una “razza eletta di elettori informati”. Il loro pensiero, sofisticato e selettivo, rischia talvolta di essere perfino un freno all’azione: una possibile deriva dei Professionisti è il non voto (nessuno rappresenta un superuomo come lui) oppure la scheda bianca (non esiste uno sfidante capace di passare la sua rigida selezione).
- Gli Innamorati: quelli che si innamorano per davvero di un politico. Per come parla, per come si muove, per quello che dice o per come lo dice. Quelli che alle convention sono in prima fila con le bandierine: ci credono, non si sa a cosa, ma ci credono. Spesso entrano nei fans club del politico di turno o si danno anche loro alla militanza attiva. Sono le persone più sensibili al fascino, al carisma, alla capacità comunicativa. Come quelli che il giorno del compleanno di Berlusconi, già dalle prime ore dell’alba, aspettavano il Cavaliere fuori da Villa San Martino per omaggiarlo coi loro migliori auguri. Non perdono troppo tempo a riflettere, votano di pancia, anzi, di cuore. Sono persone passionali, che si lasciano facilmente trasportare dall’entusiasmo. E quando uno è innamorato, si sa come funziona: potremmo portargli qualsiasi argomentazione razionale per dimostrargli che lui/lei non è la persona giusta ma sarebbe tutto irrimediabilmente vano. Anzi, difenderebbe il suo amato da questi miserabili attacchi con tutte le sue forze! L’amore e l’adorazione quasi mistica per il proprio capopopolo sono infatti più forti di ogni cosa.
Ciascuno di noi, ci ricorda la psicologia, è un insieme unico e irripetibile di caratteristiche differenti e tale indicazione vale naturalmente anche nella lettura (e nella previsione) del nostro comportamento elettorale. Eppure immagino che molti di voi avranno trovato per lo meno un’affinità con una o più delle seguenti tipologie, seppur descritte in modo volutamente parossistico e caricaturale. Da psicoterapeuta della gestalt non posso che consigliare, anche in termini di voto, una scelta olistica: che contempli cioè il pensiero e il ragionamento ma senza escludere la “pancia” e la nostra intuizione (quando ad esempio diciamo “a pelle non mi piace”), che guardi naturalmente ai nostri interessi ma che non manchi di un respiro comunitario, che sia fedele alla propria storia e ai propri ideali senza difettare però di pragmatismo, e così via. Insomma, ricomponiamo le nostre scissioni e andiamo a votare con tutta la nostra pienezza di uomini e donne senzienti e pensanti…e con la fiducia che c’è ancora qualcosa che possiamo fare.
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