Repetita iuvant. Quante volte la mia professoressa delle scuole medie pronunciava questa frase, come un severo monito, per ricordarci regole che puntualmente tendevamo a disattendere!
Eppure aveva ragione: ripetere, aiuta. Molti di voi si ricorderanno i tempi alle prese con un esame universitario. Sanno bene che memorizzare i contenuti implica ripetere, ripetere e poi ripetere ancora…
Ma pensiamo anche all’apprendimento di una lingua. Di solito quando ci troviamo dinnanzi ad una parola che non conosciamo, cerchiamo immediatamente il suo significato. Immaginiamo, qualche giorno dopo, di trovarcela nuovamente di fronte: probabilmente ci ricorderemo di averla già sentita ma le nostre capacità rievocative non saranno sufficienti a suggerirci correttamente la sua traduzione… E così la ricerchiamo, magari questa volta annotandola anche su un foglio a parte dove siamo soliti elencare tutte le parole nuove. La terza volta, beh la terza volta…aspetta, la so…inizia con la p… Niente, dobbiamo cercarla ancora. Finalmente, alla quarta, rispondiamo senza esitazione: "paix"? Vuol dire "pace"!
Tutto ciò vale naturalmente anche per i processi educativi e terapeutici, che hanno bisogno di continua ripetizione per sedimentare e crescere nel tempo. Se bastasse sentirsi dire qualcosa una volta sola per cambiare…a quel punto, non appena il nostro terapeuta ci rimanda qualcosa di buono per noi, possiamo ringraziarlo, salutarlo ed essere pronti a riprendere la nostra vita con una marcia in più. E invece, chiunque abbia fatto una psicoterapia lo sa: affinché essa possa divenire esperienza correttiva, trasformativa…una volta sola, non basta! Abbiamo bisogno di sentirci dire le stesse cose tante volte per permettere a quelle parole di entrarci dentro nel corpo e di aggiornare l’immagine che abbiamo di noi. La prima volta ne afferriamo magari il senso razionale ma come permettere poi al nostro Sé più intimo di crederci veramente? Non basta che il terapeuta ci riconosca empaticamente e autenticamente per quelli che siamo per correggere una bassa autostima che dura da una vita!
Certamente ci sono anche casi di psicoterapie molto brevi, come quando il paziente ha già fatto da solo un lavoro su di sé e arriva in seduta solo per la “spinta finale” che possa finalmente portarlo nella direzione auspicata. Fatte le dovute eccezioni, una psicoterapia ha però solitamente bisogno di tempo. Lavorare sull’autostima, ad esempio, vuol dire iniziare a sentire che effetto fa stare con una persona (il nostro terapeuta) che ci rimanda un’immagine di noi meno critica di quella che, dalle nostre figure di riferimento e poi dal nostro partner, abbiamo imparato ad affibbiare a noi stessi. All’inizio saremo sicuramente perplessi, anzi persino diffidenti dinnanzi a ciò. Tenderemo a credere maggiormente alla nostra vecchia idea che ci suggerisce che non valiamo un bel niente… Il nostro terapeuta però non molla: lungi dal considerarci perfetti e immacolati, si sofferma a sottolineare anche ciò che di noi…funziona. E’ la prima volta che ci capita e, non senza un’iniziale resistenza, iniziamo piano piano a credergli. Succede poi una cosa inaspettata. Facendo una diversa esperienza di noi stessi, lì in seduta con lui, iniziamo poi a prestare attenzione a qualcosa che non avevamo mai considerato: ovvero a quanto le persone più importanti della nostra vita siano critiche e svalutanti e avvallino quell’immagine negativa di noi dalla quale, piano piano e grazie all’aiuto del nostro terapeuta, stiamo provando ad allontanarci. Iniziamo quindi a desiderare di più la nostra seduta settimanale, perché le parole che sperimentiamo sono un balsamo che tuttavia fa risaltare ancora di più le esperienze disfunzionali e disconfermanti che abbiamo sempre vissuto.
I mesi passano, e il nostro lavoro terapeutico continua. Un momento cruciale è quando iniziamo a fare scelte nuove nella nostra vita privata: tagliamo i ponti con tutte quelle relazioni che sentiamo tossiche e ne cerchiamo finalmente di nuove e più nutrienti. Legami che appaiono più in sintonia con la nuova immagine di noi che quell’ostinato terapeuta ci ha pazientemente inculcato. E’ stato proprio lui, infatti, a ricordarci per tutto questo tempo che abbiamo valore. No, non siamo perfetti e immacolati…ma abbiamo valore. Se il terapeuta ci avesse semplicemente detto una sola volta “deve imparare a volersi bene”, noi saremmo probabilmente andati a casa e nulla sarebbe davvero cambiato. E invece ce l’ha ripetuto per mesi o persino anni. Ce l’ha detto non solo con le sue parole ma anche con il suo sguardo, la sua capacità di ascolto, il suo modo di stare lì con noi. E noi, alla fine, gli abbiamo creduto.
Il lavoro sull’autostima è solo un esempio ma un simile processo può valere anche per altre situazioni. E’ questo infatti l’immenso valore della ripetizione in psicoterapia, necessario affinché qualcosa ci entri dentro pienamente e possa diventare esperienza trasformativa.
Naturalmente il peso specifico della ripetizione vale anche in negativo: pensate infatti a quegli ambienti sottilmente invalidanti, dove si può vivere anche per una vita intera, e a come certe influenze possano radicarsi dentro di noi così da diventare davvero difficile scacciarle via.
Insomma, se incontrassi nuovamente la mia professoressa delle medie le direi oggi che aveva ragione: repetita iuvant. Non perché tutto quello che diceva l’ho poi fatto da grande (per fortuna, aggiungerei. Dato che l'obiettivo di un processo educativo o terapeutico non è mai l'omologazione dell'educando all'educatore o del paziente al terapeuta) ma perché alcuni semi positivi credo me li abbia lasciati. Il lavoro psicoterapico, così come quello educativo, semina infatti con pazienza e indefessa costanza nella fiducia, quasi paradossale, che è solo ripetendo, ripetendo e ripetendo…che può nascere qualcosa di nuovo.
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